No, quello che segue non sarà uno sproloquio filosofico sul senso della vita e della felicità. Sarà però uno sproloquio su cosa NON E’ la felicità, sarà un’invettiva contro tutti coloro che insistono a propinarci modelli di felicità stereotipati e mediocri. 

E quello che segue non sarà un articolo in cui mantengo il mio solito contegno. Perché mi sono francamente stufata di tutti quelli che insistono con il volerci insegnare come essere felici, ergendosi a paladini della felicità perché hanno fatto i soldi con il network marketing. 

Il senso della “felicità” è un non senso

Per prima cosa, ecco perché sono qui oggi a parlare di felicità e massimi sistemi.

Il 20 gennaio 2020, inserendo su google la parola “felicità” incappo in un articolo pubblicato su blitz quotidiano (eccolo): dice che “Un team di scienziati ha trovato il senso della felicità”. Spulcio tra le righe, e vengo reindirizzata al sito “Il senso della felicità” (qui), dove, qualcuno che non si presenta (probabilmente non ne ha avuto il coraggio) racconta quali sono i 6 passi per essere felici: non li suggerisce, li elenca, come fossero i comandamenti. E già questo dovrebbe far scattare un campanello d’allarme.

Di seguito, mostro le pillole di felicità aghiaccianti propinate da questi fantomatici scienziati. 

Nel primo video, ecco tutta la verità sulla felicità secondo questi soggetti.

Ed ecco poi i 6 passi per essere davvero felici, che a me sembrano esattamente i sei passi per camminare verso un burrone.

Mi si è gelato il sangue: parole volgari, immagini da soap opera americana, modelli stereotipati. Una visione del mondo banale, mediocre, superficiale e, cosa ancor peggiore, tremendamente maschilista!

Continuo a pensare che sia una bufala, un esperimento sociale: non posso credere che un team di scienziati possa aver partorito una tale schifezza. Non voglio crederci. 

A me pare che questo senso sia un non senso, che l’idea di felicità che ci propinano sia qualcosa che vada esattamente al contrario del concetto di felicità, per quanto astratto possa essere, a cui tendiamo, che è prima di tutto unico. O mi sbaglio?

Road to felicità

Non sono un filosofo, un antropologo, un sociologo, ma non serve esserlo per capire e sapere che la felicità è una condizione a cui tutti tendiamo. Ma, contrariamente a baggianate varie, dubito fortemente che ci sia una formula scientifica per avvicinarla e dubito ancor più che possa essere univoca.

Dubito anche che la strada per la felicità possa essere indicata da qualcun altro, anche se, da qualsiasi parte mi volti, pare ci sia qualcuno che vuole insegnarmi come essere felice e dirmi che la felicità è solo quella descritta dai mass media: essere belli, ricchi, famosi, potenti e avere tante donne… insomma, essere, come diceva una mia cara amica, “scimmie pigia tasti”, ovvero un essere senza capacità di pensiero critico e raziocinio.

Mi oppongo a questa idea subdola, ne tratteggio una io, che non vuole essere il senso supremo, ma il mio senso.

felicità

La vita di ognuno di noi, appartiene al suo legittimo proprietario, che ne è lo scrittore, stabilisce la trama e decide se essere io narrante o meno, protagonista o co-protagonista, se fare parte della storia o guardarla scorrere.

In altre parole, è tutto nelle nostre mani. A parte i colpi di scena e quei fatti che accadono e per cui non abbiamo oggettivamente possibilità di scelta, tutto il resto dipende da noi, solo da noi.

Il che significa, che anche la nostra felicità dipende da noi.

Sempre che la felicità sia lo sviluppo che vogliamo dare alla trama della nostra vita. Perché, sapete, esiste un fatto che molti sottovalutano: esiste la possibilità che il protagonista non voglia essere felice o, forse, che non voglia esserlo in questo preciso capitolo della storia, che la tristezza sia momentaneamente necessaria o una condizione cronica che va bene così.

Ma a parte questa parentesi, tornando al principio… 

Ognuno di noi, come dicevo, scrive la trama della sua vita e cerca di condurla all’epilogo che vuole per se.

Il punto è questo concetto: non quello di felicità, ma il concetto di “che vuole per se”. Perché chi dice che vogliamo tutti essere famosi? Non potremmo essere timidi e desiderare l’isolamento come cosa migliore per noi? Chi dice che vogliamo tutti la ricchezza? Non potremmo desiderare una vita in cui il consumismo sia solo un lontano ricordo? Chi dice che ci piace fare sesso e soprattuto con chi? Chi dice cosa dobbiamo essere? Noi siamo noi, siamo unici, quello che vogliamo è solo nostro. 

E dunque, ora parliamo della felicità.

Poiché il finale non lo conosce nessuno, poiché nessuno può sapere se accadrà qualcosa che scombinerà i piani, esattamente come in un romanzo, l’autore della propria vita può solo introdurre tutta una serie di espedienti (letterari) che consentano lo sviluppo che desidera.

Non esiste un finale uguale ad un altro, non esiste un concetto di felicità oggettivo.

Se conoscessimo il finale, chi leggerebbe un libro? Se sapessimo come va a finire, chi guarderebbe un film? Se sapessimo come finisce la nostra vita, sarebbe davvero così bello vivere? 

Ma soprattutto, se è pur vero che gli Articolo 31 ai tempi d’oro cantavano “la vita non è un film”, l’unica cosa intelligente che ho letto su quello sproloquio di sito sopra citato è il sesto passo: “Fare della propria vita un’opera d’arte”.

felicità

In altre parole, se la vita non è un film, ognuno di noi tende a renderla tale. Tende a renderla memorabile. Io per me voglio una trama avvincente, non certo lineare, non fatta solo di momenti felici ma che tendono alla felicità, di momenti che ricorderò e che amerò raccontare. Una vita piena di colpi di scena, di incontri che cambiano la storia, di inciampi, aneddoti, flash back, pause, descrizioni, storie nelle storie. 

La vita e la felicità sono tante cose, ma non sono formule scientifiche.

Mi rifiuto di definirle tale, non voglio che lo siano. E non voglio che siano qualcosa che ci viene insegnato. L’unica cosa che insegnerò a Celeste sarà cercare la sua personalissima forma di felicità.

Le dirò che la vita non è un film, è vero, ma che anche lei è fatta di espedienti, tanti piccoli espedienti che possono condurci dove desideriamo. Che poi, è proprio quello che succede quando si scrive la sceneggiatura di un film o la trama di un libro:

il segreto è trovare gli espedienti (letterari) che consentano alla trama (della nostra vita) lo sviluppo che desideriamo per noi e solo noi. 

Al diavolo tutto il resto. Il senso della felicità me lo tengo stretto, perché è solo mio. Quindi, ora sta a te:

(Se vi è piaciuto questo articolo, potrebbero piacervi anche tutti gli altri de “La Derrick Scrive”)

2 Replies to “Sono tutti bravi a dirci come dobbiamo essere felici”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *