Creatività e patriarcato: cosa c’entrano?
Le donne sono meno creative degli uomini? Ci sono differenze tra le abilità creative maschili e femminili e tra i rispettivi cervelli, oppure le (presunte) differenze sono frutto di un sistema culturale che svantaggia le donne e impedisce loro una vera e libera espressione creativa?
Non una questione banale, domande che entrano a pieno diritto nel più ampio dibattito sulla libertà di espressione, al di fuori della gabbia del genere e di stereotipi e pregiudizi costruiti sulla base del sesso biologico.
Insomma: esiste un legame tra donne, creatività e patriarcato?
La creatività e le donne: da Virginia Woolf a Simone De Beauvoir
Di creatività come uno dei “problemi” che vivono le donne, parlò già nel 1929 Virginia Woolf nel suo celebre saggio “Una stanza tutta per sé“: la prima fondamentale condizione per l’espressione creativa, scriveva Woolf, è quella di avere, appunto, “una stanza tutta per sé”, dove per ‘stanza’ si intende un luogo fisico, ma soprattutto simbolico, che riguarda il tempo e lo spazio per sé, da dedicarsi e da prendersi.
Nel 1966, trentasette anni dopo, la filosofa e scrittrice Simone de Beauvoir ribadì con forza il concetto espresso da Woolf:
Per poter realizzare qualche cosa, bisogna prima di tutto appartenersi
Lo disse in occasione di una delle conferenze che tenne in Giappone e che ebbero al centro proprio il tema della creatività delle donne. Interventi estremamente lucidi, che pur collocandosi nel contesto storico di riferimento, continuano ad essere incredibilmente attuali e a offrire spunti di riflessione fondamentali. Tutti, sono raccolti nel volume “Le donne e la creatività“, pubblicato da Nimesis Edizioni nel 2024, con la cura e la prefazione della scrittrice Tiziana Villani (lo trovi QUI)
Si tratta di interventi forse meno noti di De Beauvoir, senz’altro una delle figure più importanti della cultura francese del Novecento e figura chiave del pensiero femminista, che già nel 1949, nel suo celeberrimo “Il secondo sesso“, aveva in qualche modo toccato il tema della creatività femminile.
Per fare grandi cose, ciò che manca soprattutto alla donna è l’oblio di sé: ma per potersi ‘dimenticare’ occorre essere ben sicuri che ci si è già trovati. Nuova venuta nel mondo degli uomini, malamente sostenuta da loro, la donna è ancora troppo occupata nella ricerca di sé
Nelle conferenze del 1966 la creatività diventa il nodo centrale del discorso di De Beauvoir, un discorso che riguarda sempre, come ne “Il secondo sesso” l‘oggettivazione della donna, il suo essere sempre stata ‘l’altra’, la seconda, l’oggetto di un mondo visto, narrato, scritto e creato dal soggetto Uomo. Un mondo che ha stabilito così anche le sorti della creatività femminile.
Nel corso della storia dell’umanità, risulta evidente che le realizzazioni femminili in tutti i campi, politico, artistico, filosofico ecc. sono state numericamente e qualitativamente di molto inferiori a quelle degli uomini. Perché? Vi sarebbe, come pretendono gli antifemministi, un’inferiorità nella natura della donna, che le impedirebbe di pervenire agli stessi adempimenti dell’uomo? Oppure la condizione della donna, così come la produce la società, mettendola in uno stato di inferiorità, influisce sulle sue possibilità di realizzarsi?
“La condizione della donna” scrive De Beauvoir nel 1949, “così come la produce la società, mettendola in uno stato di inferiorità, influisce sulle sue possibilità di realizzarsi?“.
Appartenenza, possibilità, aspettative, educazione. Sono tutti elementi che determinano, come già approfondito ne “Il secondo sesso“, il divenire donna. Donna non si nasce, donne si diventa. Dove per ‘donna’ De Beauvoir non intendeva l’aspetto del sesso biologico, ma la costruzione socio-culturale, quello che la società si aspetta dall’essere donna, attraverso l’educazione e attraverso le aspettative sociali, che indicano ruoli ben definiti, comportamenti che una donna, secondo la società, dovrebbe adottare per essere definita tale (più di un decennio dopo, Gayle Rubin, parlerà di “genere”, come costruzione sociale e culturale, ruoli e aspettative costruiti dalla società sopra il sesso biologico)
Insomma, aspettative di un certo tipo, possibilità ridottr, tempo per sé ridotto, denaro per sé inferiore. Elementi che rendono la minor produzione creativa delle donne, argomenta De Beauvoir nella prima delle conferenze raccolte nel volume di Nemesis: “un fatto che si spiega tramite una quantità di circostanze che non sono causate dalla loro natura, quanto dalle loro condizioni“.
Da Simone De Beauvoir ad Annamaria Testa
Da quei contributi, datati 1966, le cose sono cambiate come De Beauvoir auspicava e si aspettava. Probabilmente non tanto quanto credeva.
Nel saggio “La trama lucente” di Annamaria Testa, uscito nel 2023 per Garzanti (lo trovi QUI) la creativa racconta alcuni fatti che hanno portato la scienza a confermare come la differenza tra cervello femminile e maschile sia ridotta ai minimi termini. Ma allora perché, si chiede, la produzione intellettuale e creativa di uomini e donne dal lontano al recente passato è enormemente diversa?
La domanda, dunque, ritorna ancora nel 2023 identica al 1966, quasi la stessa che nel 1929 si faceva Woolf. Pazzesco! Come pazzescamente le stesse, anche se scritte in modo differente, sono le riflessioni che Testa riassume sul suo sito, in un testo dal titolo eloquente “Creatività delle donne e patriarcato” (lo trovate QUI)
Sulle competenze femminili molti svantaggi hanno pesato e pesano. Il perpetuarsi di un modello socio-culturale patriarcale, e la presunta inferiorità (e il minor valore percepito) delle donne, hanno da sempre spinto le famiglie a favorire i figli maschi privilegiandone l’accesso all’istruzione e alle risorse economiche. E originando una struttura di potere così consolidata da apparire “naturale”.
Una donna istruita è una donna inutile. La donna è un uomo mal concepito e ha una natura imperfetta e difettosa. Qualsiasi cosa intraprenda, l’uomo raggiunge vette a cui la donna non può aspirare. Le donne sono biologicamente svantaggiate nelle materie scientifiche.
E ancora
Insomma, con le donne la questione-creatività riguarda le opportunità ambientali, non le potenzialità individuali.
Testa, nel suo articolo, ripropone i dati di una meta analisi del 2022, condotta su 259 ricerche indipendenti e pubblicata sul Journal of Applied Psychology , dove si evidenzia come “si continui a ritenere che le prestazioni creative degli uomini superino quelle delle donne, e questo succede anche in settori a prevalenza femminile“.
Donne, creatività e patriarcato
Cosa c’entra, dunque, la creatività delle donne con il patriarcato?
C’entra. Nella misura in cui, come ribadisce Villani nella prefazione al volume che raccoglie gli interventi giapponesi di De Beauvoir, “l’atto del creare richiede una notevole autonomia, capace di affidare alla creazione l’impegno, il desiderio di un proprio punto di vista“.
La creazione di un’opera, è innegabile, richiede impegno e tempo, risorse che devono indirizzarsi verso un percorso di ricerca. Un percorso che, nelle donne, incontra ostacoli fin dalla primissima infanzia, quando il sistema sociale (patriarcale) inizia a educarle a “esercitarsi sulla cura del quotidiano“. La contingenza delle “cose da fare”, dei carichi di cura domestica e familiare, limita il pensiero e una forma di sguardo che, per creare, deve rivolgersi all’universale. Scrive Villani:
La creatività della donna viene così fin da subito brutalizzata dal regime familiare e fatica a emanciparsi
Ai carichi di cura che portano l’azzeramento dei tempi a disposizione, si aggiunge un altra questione. Come scrive De Beauvoir in “L’età forte“, creare significa “saper pensare contro sé stessi“, essere cioè capaci di mettere in discussione i propri abiti mentali, le proprie convinzioni. Per dirla con il linguaggio di oggi: significa essere capaci di andare oltre le gabbie del genere, che sono particolarmente restrittive e rigide per le donne, e portano spesso a “legittimare la permanenza dello status quo“.
Dice De Beauvoir in una delle conferenze raccolte in “La donna e la creatività”:
La donna è segnata dall’educazione che riceve dai suoi genitori, dai suoi professori, dalle sue letture, dai miti che le sono comunicati dai libri che legge, è segnata dall’immagine tradizionale della donna e distaccarsene è per lei qualcosa di molto difficile.
Uscire dalla gabbia del patriarcato
Scrive ancora De Beauvoir:
Quando si ripete che le donne di una volta non hanno fatto nulla di importante , è per scoraggiarle. Si dice loro: “siate ragionevoli, non farete mai nulla di importante, dunque non vale la pena tentare.
Ma, inteso che non sono le capacità e che si tratta di stereotipi, retaggi culturali, minori possibilità offerte loro, è più che mai chiaro che le donne per poter liberare la creatività devono uscire dalle gabbie in cui il sistema patriarcale spesso le rinchiude.
Ancora De Beauvoir:
Vorrei che capissero che non è così. Non avendo avuto delle opportunità, non hanno potuto fare di più. Se esse lottano per avere delle possibilità, lottano anche per la loro realizzazione; non devono lasciarsi intimidire dal passato, perché in senso generale, in questo campo come in tutti gli altri, il passato non può smentire l’avvenire
De Beauvoir nutriva grandi speranze e aspettative nel futuro. Le cose stavano cambiando e lo hanno fatto in effetti. Oggi sappiamo che le donne del passato sono state ostacolate in molti modi e che, quando si sono distinte, spesso le loro vicende non sono state raccontate da una storia scritta e tramandata dagli uomini (leggi QUI)
Certo, la strada è ancora lunga. La creatività delle donne non è ancora libera come quella degli uomini, soprattutto in alcuni settori, come quello delle discipline STEM, in cui è ancora ferrea la convinzione che nelle materie scientifiche le donne siano “per natura” meno portate degli uomini. Retaggi culturali, stereotipi e pregiudizi che perdurano e che non è per nulla semplice scardinare (approfondisci QUI)
Insomma, la strada per la piena liberazione delle donne, anche creativa, sembra essere ancora parecchio lunga.
Voi cosa ne pensate?