Cosa c’entra Carla Lonzi con Candy Candy? Apparentemente poco, forse moltissimo.
C’entra secondo Vanessa Roghi e ve ne convincerete anche voi, dopo aver letto il suo saggio, “La parola femminista“.
C’entra per chi, come lei e come me, è nata negli anni Settanta/Ottanta e oggi ha la possibilità di riconsiderare quella passione per Candy Candy in prospettiva di genere, e rileggerlo, per esempio, usando le parole di Lea Melandri…
Apparentemente un cortocircuito, in realtà, un collegamento che riesce a meraviglia a Vanessa Roghi e che permette di dare alla parola femminista una sfaccettatura tridimensionale, una dimensione quotidiana.
“Come si innesta” si chiede Roghi, “Candy Candy sulle radici della bambina femminista che sono diventata?“.
Ed è qui, in questo apparente cortocircuito, che questo saggio mi ha convinta. Perché parlare di Virginia Woolf o Sibilla Aleramo è fondamentale per conoscere il femminismo, ma quello che la parola femminista ha significato, fatto, portato nelle vite di ciascuna, si intreccia per forza anche con Candy Candy.
Un libro per chi si è perso la parola femminista per strada

“La parola femminista“.
E già il titolo ti porta là, in un punto preciso, che poi esplode in tante piccole stelle. Ti porta a cercare, a scavare, dentro il significato, dentro un mondo intero: ‘femminista‘ infatti è una di quelle parole che scottano, perché portano con sé storia, politica, cultura, un preciso posizionamento, quello che spinge la gente a domandarti: ah, davvero anche tu sei femminista?
Femminista, insomma, è una parola che contiene tanto, che non è solo una parola. Ma è dalla parola che bisogna cominciare, ed è proprio da qui che Vanessa Roghi inizia il viaggio nel suo saggio pubblicato da Mondadori nella collana Strade Blu.
Ma di cosa si tratta? Cos’è questo libro e quale obiettivo si pone?
Cosa non è, ce lo dice la giornalista in apertura: “non è un libro che propone una teoria sulla storia del femminismo e la sua parabola italiana“.
Ma soprattutto, questo “non è un libro in cui si riconoscerà chi la parola femminista ce l’ha sempre avuta in mente“. No. Questo libro ha un altro obiettivo, vuole tornare a valorizzare quella parola, che a un certo punto è come sparita e poi è ritornata.
Questo è un libro per chi, come me, la parola femminista se l’è persa per strada per tanti motivi, mai per scelta, e crede che non sia stato un bene e prova oggi a farci i conti perché la sente non solo utile, ma necessaria.
Questo, è “il tentativo di capire perché questa parola è scomparsa e poi è riapparsa nelle nostre vite e se non sarebbe stato meglio averla sempre accanto“.
Roghi, sostiene che non si tratti di un memoir, e in effetti non lo definirei così. Ma nel racconto della sua vita e di quello che accade, Roghi intreccia quello della Storia del femminismo (con la S maiuscola) di come questa parola (e questo movimento) abbiano cambiato il Novecento e reso possibili tante cose.
La storia delle ‘mie cose’, che passa dalla scoperta della parola femminista, a quella di ‘Candy Candy’ e dopo giri immensi torna a Carla Lonzi.
Da Carla Lonzi a Candy Candy
Il libro è diviso in capitoli che ripercorrono i momenti della vita dell’autrice del saggio, intrecciandola con quel che accade alla storia e al femminismo.
Già leggendo i titoli dei capitoli, si evince come la narrazione sia tenuta insieme da scritti e libri che hanno fatto la storia del femminismo, ma anche da canzoni, programmi televisivi, personaggi più o meno noti al grande pubblico, storie.
Alcuni esempi. ‘Dalla parte delle bambine‘ è un omaggio al saggio pubblicato nel 1973 da Elena Gianini Belotti, prima persona a parlare di sessismo nell’educazione. ‘Femministe complicate’, richiama la canzone di Fiorella Mannoia ‘Dolcemente complicate’ cantata a Sanremo nel 1987, che recentemente la cantante ha riscritto, modificando il famoso “Ti diremo ancora un altro sì”, in “Ti diremo ancora un altro no”. ‘L’evento‘, è ovviamente un omaggio a Annie Ernaux, e al coraggioso libro che racconta la sua esperienza con l’aborto quando era ancora vietato.

Vanessa Roghi usa fati storici, canzoni, cartoni, film, programmi televisivi, libri, per restituirci la parola femminista pregna del suo senso, un senso che le viene, certo, da momenti eclatanti, pensatrici note, libri famosi, fatti che hanno cambiato la storia d’Italia (lo stupro di Franca Rame o il Massacro del Circeo, per esempio); ma un senso che arriva anche da Sergio Enrigo che canta ‘Ti ha fatto la tua mamma’, dalla messa in onda di ‘Non è la Rai’, dal ritorno di cartoni come ‘Pocahontas’ e ‘Mulan’ dopo anni di scomparsa delle principesse, fino ai giorni nostri, alla sirenetta nera che indigna, e porta Vera Gheno a scrivere: “non si tratta più di includere qualcuno nel ‘nostro’ mondo, ma di renderlo più ampio questo mondo, anche attraverso una sirenetta nera“.
La parola femminista fa rima con forza e speranza
Leggendo questo saggio, si segnano libri, nomi, cose. E si fa un bel viaggio, anche nei ricordi, per chi, come me, appartiene al periodo della generazione x e y. Un bel viaggio che permette anche di riconsiderare quei ricordi e di rianalizzarli secondo una prospettiva femminista e di genere.
Cosa ha significato, per noi, essere bombardate da principesse che volevano solo il lieto fine e per cui il lieto fine era l’amore? Cosa ha voluto dire, a scuola, leggere solo le gesta di grandi uomini e non vedere mai comparire tra le pagine una donna, una ragazza. Cosa ha significato avere, come modelli a cui ispirarsi, Candy Candy e le ragazze di Non è la rai, cosa ha significato, a un tratto, la canzone ‘Girls just wanna have fun?
Tutti questi fatti hanno un senso nella storia, ne sono il riflesso e hanno contribuito a delinearla… e insieme ai grandi nomi, testi, pensatrici, hanno creato il significato della parola femminista.
Alla fine del viaggio, il termine ‘femminista’ prende corpo e colore, si configura come una parola che attribuisce responsabilità, ma che dona la forza della speranza.
Scrive Roghi:
La parola ‘femminista’ non invita a un pranzo di gala. E’ uno strumento per guardare, agire, e anche ripensare alla propria storia personale e collettiva.
E ancora:
La parola speranza, insieme alla parola immaginazione, sta accanto alla parola femminista e la determina da sempre, da quando Olympe de Gouges ha scritto: ‘La donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell’uomo’. Di quanta immaginazione ha avuto bisogno per prefigurare un mondo dove anche le donne nascessero libere? Di quanta speranza ha avuto bisogno per trovare la forza di scriverlo?
Che bel saggio. Davvero intenso, a tratti anche malinconico, ma alla fine della lettura se ne esce arricchite e più consapevoli. Non serve che ve lo dica: per me consigliatissimo!