L’estate che ho ucciso mio nonno” di Giulia Lombezzi è un capolavoro. E vi dico perché.

Un romanzo bellissimo

Si leggono tantissimi romanzi belli. Io, poi, devo dire che in questo periodo mi ritengo particolarmente fortunata: ho letto storie davvero avvincenti, di scrittrici italiane di altissimo livello (sì, sono decisamente indietro con le recensioni, arrivano presto!)

Ma ci sono alcuni libri che si scapicollano a sedersi il pole position nel tuo cuore. Sono quelli che fanno SBAM e che non scordi più.

Ecco, tra questi, entra a pieno diritto una storia bellissima che ho letto recentemente: si tratta del romanzo di Giulia Lombezzi,L’estate che ho ucciso mio nonno (Bollati Boringhieri).

Perché ha fatto SBAM?

Principalmente perché parla di cose serissime, in modo completamente originale e diverso da come ne avevo già letto. E poi perché è scritto divinamente, fa ridere moltissimo, fa commuovere tanto e fa riflettere di più.

Giulia Lombezzi, che ho incontrato per una sua presentazione alla Libreria di Milano Scatola Lilla, entra di diritto tra le voci femminili italiane che d’ora in avanti terrò sott’occhio come un segugio.

L’estate che ho ucciso mio nonno: la trama

Alice è un’adolescente. Ha le sue paranoie, i suoi scombussolamenti ormonali, la sua visione del mondo ben precisa che la porta a emettere giudizi più simili a sentenze.

Per anni ha vissuto da sola con sua madre Marta, dopo il divorzio dal marito e la partenza della figlia maggiore, Federica, alla ricerca di cause per cui combattere.

Il loro è un legame profondo anche se non fisico. Alice e Marta non si abbracciano, ma Alice considera sua madre una certezza, una presenza costante e rassicurante, senza nessuna particolarità da segnalare.

Il loro equilibrio, però, si infrange con l’arrivo in casa di Andrea, il padre di Marta e nonno di Alice.  

L’arrivo del patriarca

Alice assiste sbigottita alla trasformazione della loro casa, che viene stravolta per accogliere al meglio il nonno, vedovo e indebolito da un intervento all’anca.

Per esempio, Marta elimina tutte le installazioni che realizza con materiali di riuso, semplicemente perché il padre non capirebbe.

Alice non ci mette poi molto a comprendere una terribile verità: Marta è completamente succube di suo padre.

La nuova vita con il nonno, poi, cambia tutto in casa. Infatti, un tempo carismatico, severo e, per Alice, minaccioso, Andrea è ora un vecchio pieno di acciacchi, insofferente e depresso, pronto a esercitare quel che resta del suo antico potere, per piegare la figlia ai suoi bisogni.

Marta, e se serve anche Alice, devono accudirlo, accompagnarlo in bagno e lavarlo, accettare i suoi continui lamenti, le bestemmie, la puzza di fumo di sigarette che appesta la casa.

E mentre tutto cambia, Marta si trasforma sempre più, sotto il potete e l’atteggiamento da patriarca di Andrea, che svilisce continuamente Marta.

Alice non riconosce più sua madre in quella donna insicura, pronta a sacrificarsi per il padre. Ma la cosa che più la ferisce è la distanza che si crea sempre più tra lei e sua madre: dove sono finite le loro abitudini e la complicità?

La casa è diversa. È in apnea. Come se dalla camera di Nonno – o da Nonno stesso? – promanasse una densità giallastra, un pulviscolo di dolore stizzito che si deposita sui mobili. Accendo incensi. Spruzzo Malizia profumo d’intesa, ma lo spessore dell’aria non cambia.

L’estate di Alice, principe o mostro?

Arriva l’estate e la famiglia si trasferisce a Cogoleto. La quotidianità di Alice è un miscuglio di video scrollati su TikTok, fantasie sessuali, desideri di morte, fumetti e domande esistenziali. 

A supportarla c’è l’amicizia con Cane e Angiu, anche a distanza, mentre continua a vivere la sensazione di non capire e il senso di colpa.

Il suo bisogno di essere vista si trasforma in bulimia, il senso di colpa in atti di autolesionismo.

Così, ecco che galoppa in Alice un odio sempre più profondo per il nonno, specialmente quando attraverso una loro cugina scopre che l’infanzia e l’adolescenza di sua madre sono state molto diverse da quanto sapeva.

Quando la cugina Manuale si fa scappare la frase: «non mi sarei aspettata che se lo metteva in casa», per Alice sapere la verità e salvare sua madre diventano un’ossessione: nella sua mente si sente come il principe che dovrebbe liberare sua madre, la principessa, dalla presenza di un mostro in casa.

L’estate che ho ucciso mio nonno: l’ironia che fa riflettere

L’estate che ho ucciso mio nonno” è un romanzo solo apparentemente leggero e semplice, ma di una profondità rara.

I temi importanti sono tantissimi.

Il ruolo delle donne inserito in un sistema patriarcale: il nonno rappresenta appieno la divisone di ruoli e le aspettative sociali, cosa alle donne è permesso e non permesso, cosa gli uomini si sentono in diritto di pretendere e avere, al punto di poter scegliere al posto delle donne (mogli, figlie o madri).

Il tempo della cura e di chi cura chi si prende cura; la violenza domestica, fisica e psicologica.

Il passaggio generazionale, il tema della conoscenza e del passaggio da madre in figlia di alcuni dolori ma soprattutto di nuove forme di resistenza e cambiamento.

E poi, la famiglia: “L’estate che ho ucciso mio nonno” smaschera le imperfezioni e le contraddizioni dei legami familiari, divisi tra ricerca di amore e necessità di indipendenza, bisogno di protezione e desiderio di libertà.

Al termine del loro percorso, compiuto in parte insieme, in parte individualmente, Alice e Marta dovranno costruire un nuovo equilibrio, fatto però di verità e di accettazione.

Un romanzo bellissimo davvero!

L'estate che ho ucciso mio nonno

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