Un romanzo sul lavoro, con un punto di vista femminile, ma in realtà per parlare di temi che riguardano tutti noi, la nostra società, il modo in cui il sistema lavorativo ci sovrasti, sia pervasivo, spesso limitante, alienante, di come succhi il nostro tempo e le nostre energia e venga ritenuto il solo metro per valutare il successo o l’insuccesso delle persone…

Si tratta de “La Galleria degli uffici“, scritto da Giulia Pretta, e dato alle stampe grazie allo splendido lavoro di Le Plurari, una casa editrice che, se non conoscete, dovete recuperare assolutamente!

Premesse essenziali

Prima premessa

Pubblico la recensione di questo romanzo sul lavoro (con intervista all’autrice, che ringrazio di cuore), nella settimana in cui si celebra la Festa dei Lavoratori.

Per chi non lo sapesse, le origini della celebrazione risalgono alla fine dell’Ottocento: il 4 maggio 1887 quattro lavoratori furono condannati a morte a Chicago in seguito agli scontri con la polizia avvenuti durante una dimostrazione per estendere le otto ore lavorative a tutti gli Stati Uniti, concesse in Illinois il 1 maggio dello stesso mese (per approfondimenti, vi consiglio QUESTO aricolo su Geopop)

Da allora, la Festa dei Lavoratori si occupa di affermare e difendere i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Diritti ancora in discussione, ancora negati, bypassati, ignorati, aggirati, proprio come emerge nel libro di Giulia Pretta, con magistrale capacità di farlo con una certa dose di sarcasmo (l’ho adorato nella protagonista Arianna) e, perché no, anche leggerezza!

Seconda premessa

La seconda premessa, è personale. Poiché i libri arrivano proprio quando servono a te, ecco che questo romanzo è giunto a me proprio quando mi stavo ponendo grosse e grasse domande sulla mia vita professionale. Dunque è stato davvero interessante imbattermi in questo romanzo sul lavoro proprio in questo momento.

L’intervista che ho rivolto all’autrice è frutto di una lettura in cui mi sono immersa e sentita più e più volte come chiamata in causa, come se Arianna fossi io… Perché la verità è che Arianna sono io, Arianna siamo o siamo state tutte noi…

Lo siamo state quando in uno o più momenti della nostra vita ci siamo sentite fagocitate dal nostro lavoro, quando non sono state valorizzate o riconosciute le nostre competenze, quando ci siamo sentite non abbastanza solo perché donne, quando siamo state accusate di prendere troppe malattie o ferie (sob!), quando, se sei donna, che tu abbia figli o non ne abbia è sempre motivo di giudizio, quando all’addebito dello stipendio sul tuo conto ti sei sentita di dover essere grata a chi ti ha fatto cotanto favore… Perché devi essere grata al tuo datore di lavoro, e non viceversa!

La galleria degli uffici” è un romanzo comico-sarcastico che parla di tutto questo è in qualche punto del percorso risuona incredibilmente familiare…

Trama del romanzo sul lavoro “La galleria degli uffici”

La protagonista de “La galleria degli uffici” è Arianna Timeo, neolaureata, che si appresta a entrare nel mondo del lavoro con tanti sogni e parecchie aspettative. La narrazione è lineare e ci porta nella vita quasi quotidiana di una ragazza, scandita dai ritmi lavorativi, come lo è la vita di tutti.

Fin da subito, Arianna si rende conto di quanto sia complesso trovare un equilibrio tra le proprie passioni, l’esigenza di un’entrata fissa, la propria felicità e il tempo necessario per esserlo.

Spinta dalle pressioni di chi sostiene che solo lavorando accaventiquattro otterrà il patentino delle persone adulte, responsabili e realizzate, si ritroverà a fare un vero viaggio epico di crescita, con buone dosi di delusione ma anche tanta consapevolezza di sé stessa e del ruolo che vuole dare al lavoro nella sua vita.

Gli ingredienti per parlare a noi e alla nostra contemporaneità, in questo romanzo sul lavoro ci sono tutti: le condizioni contrattuali assurde, la richiesta di devozione al lavoro, ai capi e alle aziende, i diritti delle lavoratrici (stipendio, ferie, malattie ecc) trattati come richieste fastidiose avanzate da persone non riconoscenti, il tempo che manca per fare ogni cosa, persino andare al cinema, le discriminazioni di genere … e via discorrendo. 

Un romanzo leggero, ironico, sarcastico, che parla però di un tema importantissimo.

Ecco la mia intervista a Giulia Pretta, autrice del romanzo sul lavoro “La galleria degli uffici”


  • Ciao Giulia, ci racconti chi sei, cosa fai e di cosa ti occupi? 

Grazie, Eleonora, per lo spazio sul tuo sito! Io sono Giulia Pretta e sono una libera professionista della parola. Sono scrittrice, editor, redattrice, insegnante di scrittura creativa e divulgatrice in campo editoriale. Quando non leggo, dipingo i quadri con i numeretti, gioco a giochi cozy sulla Switch, canto (con risultati lenti e dolorosi) e guardo anime. Così parto subito con il distinguere “di cosa mi occupo” e “cosa faccio”.

  • Veniamo alla “La galleria degli uffici”. Il romanzo parla della vita di Arianna che, neolaureata, si addentra con tante speranze e aspettative nel mondo del lavoro e compie un percorso di consapevolezza, confronto e delusione, ma anche crescita personale. La prima riflessione che mi è venuta in mente è proprio che le nostre vite non sono il nostro lavoro, lo dice anche il fratello di Arianna a un certo punto, eppure, il nostro lavoro assorbe quasi completamente la nostra vita… E lo fa anche soprattutto nella prima parte della vita professionale di ciascuno, quando con davvero tantissime aspettative entriamo nel mondo del lavoro e ne veniamo quasi sempre delusi. Cosa ti ha spinto a scrivere questo romanzo e in che modo Arianna ti assomiglia? Se ti somiglia…

Arianna e io abbiamo un percorso lavorativo simile. Sono stata anch’io una co.co.pro., poi ho avuto contratti più o meno determina(n)ti e ora sono libera professionista. Ma non è tanto un “Arianna c’est moi” quanto un “Arianna è una Millennial” proprio come lo sono io e come lo sono tante persone che si dibattono in un mondo del lavoro dove lavoriamo il triplo delle generazioni precedenti e guadagniamo un terzo. E visto che siamo la generazione che viene presa in giro sia da chi è venuto prima sia da chi è venuto dopo, ho pensato che un’Arianna dovesse proprio trovare posto tra le pagine.

  • Il tempo è un elemento chiave nel romanzo, anche se non trattato in maniera centrale. Per esempio, la scansione dei capitoli cambia man mano che Arianna sperimenta le varie tipologie contrattuali: giornaliera in co.co.pro, mensile con l’indeterminato, sparisce quando Arianna decide di aprire la partita iva. Cosa hai voluto dire con questa scelta?

 Se la nostra vita, all’inizio, è scandita dal periodo scolastico, quando si entra in fase “produttiva” iniziamo a scandire il passare del tempo sulla base del giorno dello stipendio. Quando si è co.co.pro. e il giorno di paga non è scritto sul contratto, può essere in ogni momento. Nei contratti (in)determinati si viene pagati mensilmente e quando si apre la partita Iva diventa un orizzonte non ben quantificabile. Si tratta di una scansione temporale che gira intorno all’argomento di cui sembra sempre un tabù parlare: la retribuzione per le proprie attività lavorative.

  • Veniamo alle tematiche fondamentali, oltre a quelle contrattuali. I diritti di Arianna sono spesso trattati come richieste eccessive. Per esempio, con il primo contratto Arianna quasi si sente in difficoltà a chiedere quando le verrà versato lo stipendio. La direttrice, a un certo punto le dice: “DAI LA PROSSIMA SETTIMANA TI FACCIO IL BONIFICO, SEI CONTENTA?”, come se le stesse facendo un favore… Non solo, questo tema ricorre con le malattie, con le ferie ecc. Arianna a un certo punto si sfoga con il fratello e dice: “VOGLIO SOLO ESSERE PAGATA IL GIUSTO E CON SCADENZE REGOLARI PER FARE UN LAVORO CHE MI PIACE. PERCHÈ DOVREBBE ESSERE UNA RICHIESTA IRRAGIONEVOLE? PERCHÈ SONO IO QUELLA IMPAZIENTE O CHE NON CAPISCE IL PRIVILEGIO CHE MI VIENE OFFERTO?” Ecco io penso che questo sia un tema cardine del lavoro moderno. In un saggio interessante, “Lo statuto delle lavoratrici”, l’autrice scrive “Rispettare senza eccederli gli orari di lavoro è un concetto stigmatizzato, far cadere la penna quando l’orario finisce non è considerato da nessuno positivo”. E ancora “a tutte, anzi a tutti, è chiesta reperibilità continua, produttività massima, abnegazione religiosa, obbedienza militare”. Perché secondo te? E cosa si può fare per cambiare la narrazione mainstream per cui per avere successo è necessario essere stacanovisti e reperibili accaventiquattro?

Il sistema economico in cui siamo inserite prevede che si sia sempre produttive. Un tempo non produttivo è un tempo perso: Virginia Cafaro, autrice Plurale, in “Manifesto pisolini analizza nel dettaglio le sfaccettature della società cronofaga. Mi viene da dire anche che produrre ci fa sentire contente e siamo contente di produrre e lo sovrapponiamo, a volte, con l’idea di successo. Perché per questo sistema economico il successo è produrre, continuamente. Cambiare l’idea di “successo” potrebbe essere un primo passo: il successo è fare un lavoro che ci piace, equamente retribuito, che riteniamo che abbia un valore e che riusciamo a non far travalicare nella nostra sfera personale che possiamo coltivare come meglio ci aggrada. Per me questo equilibrio è successo: non RAL, fatturato, fringe benefit… poi, ovviamente, oltre all’impegno individuale dovrebbe esserci una rivalutazione collettiva del nostro sistema produttivo ed economico, ma qui mi fermo perché non ho le competenze né l’ampio sguardo d’insieme per poter abbozzare anche solo una risposta che non sembri uscita da una puntata di “Vola mio mini pony”.

  • Arianna è una donna e vive esperienze di discriminazione di genere. Per esempio, al museo il coordinatore non vuole parlare con lei ma con i colleghi maschi… Ci racconti questo aspetto?

Le situazioni che vive Arianna non sono nulla di eccessivo, azioni minute che, se non ci si fa caso, rischiano di passare inosservate. Preferire il parere di un collega maschio senza un motivo specifico, ma solo per bias, essere interrotta, essere chiamata “ragazza” e il tuo collega “dottore” anche a parità di titoli di studio… possono sembrare episodi minimi, ma è sui mattoncini che si costruiscono i meccanismi che portano poi ai gap salariali, al non essere considerate valide per una carica di responsabilità e a tutta la disparità che le donne vivono negli ambienti di lavoro. 

  • Altro tema che tratti è quello del “lavoro inutile”. A un certo punto ad Arianna viene assegnato un compito assurdo, lei percepisce tutta l’inutilità di quello che sta facendo. Quante volte ci siamo resi conto di come il nostro lavoro fosse inutile e stessimo sprecando il nostro tempo…

A chiederlo ad Arianna, ti direbbe che si sente come Cenerentola quando, nella fiaba originale, deve separare le lenticchie – che la matrigna ha rovesciato nella cenere – buone da quelle cattive per poter andare al ballo. 

  • Tema fondamentale, quello del burn-out. A un certo punto, Arianna inizia ad avere delle crisi di pianto, degli attacchi di panico a causa del suo lavoro. Un tema delicatissimo, perché praticamente tutti, nella nostra società iperproduttiva, abbiamo vissuto periodi di questo tipo…

L’esperienza del burn-out stata affrontata da tantissime persone, ma si tratta di un’esperienza sempre diversa. Quello di Arianna è un burn-out che si costruisce sulla base dei mattoncini di cui parlavamo prima. Non è vittima di gravi episodi di mobbing, non viene pagata in ritardo, tutto quello che c’è scritto nel contratto viene rispettato alla lettera, ma ciascuno di noi ha un punto di rottura e quando arriva anche per lei deve decidere che direzione prendere.

  • Il titolo, che bello. Ci parli di come l’hai scelto? 

È stato uno stupendo lavoro di brain storming con le Plurali. Suggerimenti a ruota libera con associazioni di idee sull’argomento e poi democratica votazione. Siamo arrivate a un risultato che è piaciuto a tutte.

  • Sei al secondo romanzo con Le plurali. Che progetti hai per il futuro? Bolle qualcosa in pentola?

C’è sempre qualche storia che frulla qui e lì, ma la precedenza per me va ai testi delle altre persone. Prima mi considero editor e insegnante, e solo dopo scrittrice. 


Se cercate un romanzo sul lavoro, eccolo qui

Il romanzo sul lavoro di Giulia Pretta fa sorridere e riflettere. Il lavoro è una sfida, può anche essere una missione, ma nel caso non lo sia credo che debba poter convivere alla perfezione con il resto della nostra vita e in qualche modo valorizzarla. Utopia, forse, ma io lo credo. E alla fine, ci crede anche Arianna! Leggetelo per scoprire come!


Per leggere altre recensioni in prospettiva di genere, clicca QUI

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *