Oggi vi racconto di un libro scoperto grazie al Torneo Letterario di Robinson: “Quando arrivi chiama” di Anna Mittone.
Torneo letterario di Robinson
Sapete cos’è il Torneo Letterario di Robinson? Un gioco bellissimo con protagonisti i libri. Mi sono stati assegnati due libri da leggere in dieci giorni, solo uno da indicare come preferito e due brevi recensioni da scrivere su entrambi per orientare i lettori.
Mi sono stati assegnati “Quando arrivi chiama” e “Il sentimento del ferro”: è stata una fortuna, perché sono due capolavori che non avrei mai notato tra gli scaffali di una libreria (per preconcetta chiusura, il che è un male, molto male!)
Ho dovuto scegliere il “migliore” per me, ma è stato solo indicare il meno bello (era nelle regole del gioco) perché li consiglierei davvero entrambi.
Alla fine, ho scelto “Quando arrivi chiama”, perché è scritto in prima persona da una mamma e, da mamma, mi sono ritrovata a leggerlo commossa dall’inizio alla fine. E non me lo aspettavo.
Quando arrivi chiama
Sono prevenuta, lo so, ma i libri delle mamme e sulle mamme non li leggo. Le mamme sono una categoria strana davvero, come scrive la Mittone
“Le altre madri sono uno degli effetti collaterali più imprevisti della maternità“.
Per questo mi rifiuto di leggere papiri su quanto sia bello o faticoso fare la mamma. Ma questo romanzo è molto altro: è un modo di trattare l’argomento con ironia, nostalgia, rammarico e speranza. Ma soprattutto, quello di Anna Mittone, è un romanzo sull’essere donna, ancora prima di essere madre, sulla vita prima e su quella dopo. Sull’identità e sul rapporto madre-figlia.
Mi sono ritrovata catapultata a tradimento in un’altra vita, in cui anche mettere in fila un minuto dietro l’altro mi sembrava un’impresa titanica. Perché io non mi volevo rilassare. Io volevo vivere. Riprendere a fare quello che avevo sempre fatto. Tornare a essere quella che ero. Uscire dall’angolo buio in cui la nascita di Emma mi aveva confinata e scaldarmi alla luce della vita
Trama “Quando arrivi chiama”
La protagonista e narratrice della storia è Silvia, una mamma atipica o forse una mamma come tante, che si sente diversa ma come tutte affronta la crescita della sua “bambina” e il fatidico periodo dell’adolescenza con coraggio, ironia e fatica.
Silvia ha 47 anni e un ex marito con cui accompagna la figlia Emma in aeroporto, da dove partirà alla volta di un viaggio studio che la terrà lontana da casa per un anno. Una figlia a cui la lega un rapporto tormentato, tipico di quello tra madre e figlia in adolescenza.
“Non vedo l’ora che parta eppure non posso immaginare la mia vita senza di lei.”
La partenza e la conseguente dolorosa separazione da Emma fa credere a Silvia che quella giornata non potrebbe contenere più emozioni di così, senza sapere che in realtà sta letteralmente per accadere di tutto: dopo essersi lasciata trascinare in un appuntamento improvvisato con un uomo conosciuto in aeroporto, con lui si troverà a viaggiare verso Parigi, dove la sua “bimba” è stata coinvolta nell’attentato terroristico dell’aeroporto Charles de Gaulle. Un colpo di scena che cambierà le sorti della trama, ma soprattutto del romanzo. E ora vi spiego perché.
On the road verso il futuro
Il romanzo della Mittone si apre in modo ironico, dando l’idea che si tratti solo di una storia leggera e divertente. Ma nella seconda parte si rivela in quel che è: una storia forte, che toglie il fiato, specie se si legge con gli occhi di una mamma.
La mia bimba è ancora molto piccola, ma non ho potuto fare a meno di immedesimarmi con Silvia e sentire quello che provava.
Il viaggio che la donna farà verso l’aeroporto parigino, con l’angoscia che ad Emma sia davvero capitato qualcosa, è un on the road, durante il quale ripercorrerà le tappe della sua vita passata, macinando chilometri verso un nuovo futuro.
Consigliato alle mamme, specie quelle che non si identificano nel genere e si tengono a debita distanza dalle altre mamme. Che forse, ci sentiamo tutte un po’ così. O no? Ma è così importante? In fondo, per tutte noi, essere mamme è un viaggio con il brivido dell’avventura. Perché tra viaggi inaspettati, amori viscerali, pause non preventivate, ansie da capogiro… essere mamme regala più emozioni di “Pirati dei Caraibi”.
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