Cosa ci mette nelle condizioni di pensare che ci sia un sangue giusto e uno sbagliato? E soprattutto, perché e su quale base logica ci si considera appartenere a coloro in cui scorre sangue giusto, migliore e quindi dominante?
Questa domande mi rimbalzano nella testa da sempre, ancor di più da dopo la lettura del romanzo “Sangue giusto” di Francesca Melandri, insieme ad alcune riflessioni significative e inquietanti: cosa sappiano davvero della nostra storia italiana, europea, occidentale? Siamo davvero il popolo dal sangue giusto, civile e civilizzato? Cosa e chi siamo stati?
Sangue giusto
“Sangue giusto” inizia in un modo apparentemente stravagante. La vita di una buona famiglia romana viene sconvolta quando alla porta di uno dei quattro figli bussa un giovane etiope con un annuncio sconcertante: lui che è “nero nero”, in realtà non è affatto straniero.
Siamo nel 2010 e Shimeta Ietmgeta, così si chiama, è scappato dall’Etiopia dove ancora si fa la guerra, e chiede aiuto a quella che è a tutti gli effetti la sua famiglia: racconta infatti di avere il “sangue giusto” perché il patriarca della famiglia, Attilio Profeti, ha combattuto durante l’occupazione di Etiopia dell’Italia e lì ha avuto una donna, e dalla donna ha avuto un figlio che a sua volta ha avuto un figlio, che è proprio lui.
Le reazioni a caldo dei due figli più uniti, Ilaria e Attilio, sono diverse: lei gli crede, infondo lui ha un documento che ne attesta il cognome, lui si ferma a pensare alla sua pelle: “Ma è nero?” domanda. “Nero-nero o nero per modo di dire?”
Tra attualità e passato, uniti dal sottile filo del grottesco
Inizia allora il viaggio dei due, di ricostruzione di quello che non conoscevano della storia dell’anziano padre, troppo vecchio per raccontarla, che è stato un fascista in camicia nera, ma soprattutto della storia insabbiata dell’Italia fascista e colonizzatrice, quando si proclamava la superiorità ariana e si elencavano con orgoglio i punti del Manifesto della razza (leggetelo qui), quando si facevano rilevazioni antropometriche sui corpi degli etiopici per dimostrare la superiorità bianca, in Africa si faceva la guerra con l’irpite, si perpetravano violenze e orrori ma ci si proclamava civili colonizzatori di popoli barbari, dal sangue giusto.
Un viaggio che scorre parallelo all’attualità, ai retaggi culturali, agli stereotipi, a grottesche fasi della vita politica italiana, ai Centri di Identificazione e Espulsione, al nostro far finta di aver abbattuto barriere, al nostro sentirci superiori, mentre vediamo il grottesco e ne sorridiamo appena.
Un viaggio che intristisce e passa dall’Italia fascista, con la menzogna e la mistificazione eretti a sistema, racconta l’Italia coloniale e poi quella post coloniale, passa all’Italia berlusconiana, che accoglie con tutti gli onori Gheddafi, consentendogli anche di tenere una lezione sul Corano a cinquecento ragazze scelte da una agenzia di escort e via discorrendo, e poi a quella post- Berlusconiana, dove niente cambia.
La mia opinione
Il filo conduttore di “Sangue giusto” è la diversità. La diversità portata dalle migrazioni, che “come le maree, i venti, le orbite dei pianeti e il parto, sono fenomeni che non è dato fermare”.
E quindi il razzismo, le paure alimentate da chi sta sopra, perché “Il razzismo è un gioco di specchi, un’illusione, è il modo più efficace mai inventato per stroncare le lotte contro le inegualianze, serve a istigare i penultimi a sentirsi superiori agli ultimi, per impedire che si ribellino insieme contro i primi”.
Doloroso e giusto, con questo romanzo Francesca Melandri ci mostra in maniera semplici la contemporaneità ma anche il nostro passato, incastrando la storia di una famiglia con quella di un intero paese e del mondo. Bellissimo e potente.
Curiosità su “Sangue giusto”
Pubblicato nel 2017, “Sangue giusto” è stato presentato al Premio Strega nel 2018 da Igiaba Scego e Gianpiero Gamaleri, ed è entrato tra i dodici libri selezionati. Il romanzo conclude la Trilogia dei padri, concepita e scritta da Francesca Melandri e i cui altri titoli sono Eva dorme e Più alto del mare, che indagano ciascuno una pagina oscura della storia italiana del ventesimo secolo.
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