La verità è che siamo tutti in attesa della nostra “Epifania”, quel momento catartico in grado di mostrarci la giusta prospettiva, il senso delle cose e quindi di cambiarci (o forse sarebbe meglio dire svelarci) la storia che stiamo per narrare e, più filosoficamente parlando, il senso della nostra vita.

Perché per quanto mi riguarda, senza epifania non esistono storie: dall’epifania si parte o all’epifania si arriva. Ma l’epifania è tutto!

Il senso di ogni senso

Lo spirito da detective mi accompagna da sempre. Quell’istinto che mi porta a chiedere sempre i perché, anche agli stessi perché. Quello che mi porta a voler sempre capire, anche qualcosa che non può essere capito perché semplicemente non ha spiegazione. Quello che, nel bel mezzo di una discussione, fa perdere le staffe al mio compagno che, 9 volte su 10, alla fine mi urla di “smettere di fare la giornalista”.

Ce l’ho nel sangue.

Dunque succede che andare a ritroso è una delle mie più grandi soddisfazioni.

Quando riesci a risalire, indizio per indizio, a quel momento in cui tutto è cominciato. L’inizio della storia, il momento in cui il cattivo è diventato cattivo, il buono cattivo, il cattivo buono, il senso di tutto, il fatto che ha generato a cascata ogni altro fatto, la madre suprema che genera le storie, il battito d’ali che causa un tornado dall’altra parte del mondo… e potrei andare avanti all’infinito.

Tutto ha un senso, nella mia mente giornalistica, e dunque il concetto di epifania, per me è uno dei più sensati di sempre, il senso di ogni senso.

Nonostante spesso e volentieri le storie senza fine e senza senso mi affascinino, non riuscirei mai a scriverne una. Per quanto mi riguarda, ogni storia deve contenere un’epifania.

Epifania, un espediente letterario

La cosa che forse non è così nota, è che l’Epifania è un espediente letterario, introdotto in letteratura da James Joyce.

Non mi soffermo sul significato religioso del termine, che conosciamo bene. Ma a onor del vero il concetto letterario ha a che vedere con quello “divino” di apparizione di qualcosa di mistico e supremo, il che mi sembra moltissimo affascinante.

Joyce introduce il concetto di epifania in “Gente di Dublino“, una raccolta di quindici novelle pubblicata nel 1906 sul settimanale The Irish Homestead e poi raccolte in un libro, che narrano la quotidianità di comuni cittadini dublinesi dell’epoca, soffermandosi sulla loro interiorità. Questi personaggi, spesso e volentieri vivono, appunto, un’epifania, ovvero

un’improvvisa rivelazione spirituale generata da un gesto, un oggetto, una situazione apparentemente banali, ma che svelano qualcosa di più profondo, di più significativo e mistico.

Funzione trascendente ed Epifania

Tempo fa, ebbi la fortuna di intervistare una psicologa che mi parlò di un concetto che non ho mai ritrovato in nessun libro, per quanto lo abbia a lungo ricercato, che mi sembra estremamente attinente a quello di cui sto parlando e che condivido volentieri con voi: il concetto di funzione trascendente.

La funzione trascendente è quella di ogni attività manuale, creativa e individuale, che crea un distacco dalle abitudini quotidiane, (come per esempio fare giardinaggio, dipingere, disegnare o scrivere, solo per citarne alcune) capace di generare uno stato di trance o rilassamento in grado di portare a galla stati d’animo, sensazioni e collegamentprofondi e inaspettati tra due cose apparentemente distanti, tra un elemento materiale e uno spirituale.

Ed ecco qui, appunto, l’Epifania, il punto di non-ritorno dopo il quale il soggetto non vede più le cose con gli occhi di prima. Sta tutto lì, tutto il quel momento. Per il personaggio, per lo scrittore che lo inventa e per lo stesso lettore.

E’ tutta questione di Epifanie

Dicono che Joyce, sul letto di morte, abbia pronunciato queste parole: “Qualcuno ha capito?”. Chissà cosa intendesse… Mi piace pensare che abbia avuto in quel momento una rivelazione e che nel delirio della malattia volesse forse conferma che anche chi gli stava attorno avesse capito.

Mi sento molto devota a questo autore: quando al liceo la mia professoressa di inglese ne parlò in classe ne rimasi subito affascinata, per il suo modo di raccontare mente e animo umano in modo così trasgressivo e originale per l’epoca. Il famoso “stream of consciousness” mi sembrava la cosa più sensata in letteratura.

Perché, lo compresi dopo, e lo sto mettendo nero su bianco solo ora, la vita a mio avviso è tutto un susseguirsi di Epifanie e momenti rivelatori. Lo deve essere affinché tutto acquisti senso e questo vale anche per chi scrive e chi legge.

Prima di tutto, posso dire che tutti i passi fatti nella mia esistenza, per quanto insensati, sono sempre confluiti in un punto, un momento, un luogo, in cui se ne rivelava il significato. Dunque, credo che sia l’Epifania il senso stesso della vita: il momento in cui tutto viene rivelato e compreso. Non, ovviamente, il senso dell’esistenza ma del proprio esistere e del proprio percorso assolutamente si. Per questo, lo riconfermo: siamo tutti in attesa della nostra Epifania.

Uscendo poi dalla propria storia personale, credo fermamente che anche il senso dello scrivere sia l’Epifania, il momento in cui ci viene quella bellissima idea per una storia da raccontare, la scintilla che accende la miccia che farà esplodere in noi la voglia di metterci a scrivere. Il momento in cui abbiamo la sensazione di capire perché lo facciamo, perché scriviamo.

E ancora, i nostri personaggi sembrano avere molto più spessore quando hanno una storia da raccontare, un passato e un presente, che convergono nel punto nevralgico in cui il loro essere diventa il loro esistere, in cui tutto si rivela e la trama acquista senso, dall’inizio alla fine.

Non solo: l’Epifania è il momento a cui anche il lettore tende, che aspetta per tutto il romanzo e che potrebbe, a sua volta, generare la sua di Epifania.

Perché, ancor prima di essere scrittori, siamo lettori, di quelli che cercano le risposte agli enigmi della propria vita tra le righe delle storie raccontate dagli altri. Di quelli che quando qualcuno ci presenta un problema, snocciolano titoli di libri che potrebbero aiutarlo a risolverlo. “Book is the answer”.

Dubliners 100

Nel 2015, in occasione del centenario dall’uscita di “Gente di Dublino”, Minimum Fax pubblicò in Italia l’edizione che vedete nella foto di “Dubliners 100. Non è solo una riedizione, ma un affascinante esperimento letterario in cui 15 autori irlandesi contemporanei hanno “riscritto” le novelle di Joyce, conservando dell’originale il titolo e l’incipit. L’edizione italiana, stupenda, ha scelto di mantenere poi anche la bellissima copertina originale.

Adoro Joyce, credo di averlo già detto. Il suo “Gente di Dublino” dovette combattere contro le più rigorose censure dell’epoca prima di essere pubblicato, nel 1915, 9 anni dopo la pubblicazione delle novelle su The Irish Homestead. Possiamo dirlo ora, grazie: perché Joyce pose le basi della moderna letteratura simbolica, qualcosa che forse per noi oggi è la normalità, ma prima non lo era affatto.

Nella sfida del ventunesimo secolo lanciata da “Dubliners 100”, ci troviamo davanti una diversa Dublino, caotica e tecnologica, ma i suoi abitanti si trovano ad affrontare le stesse tematiche dei compagni di un secolo prima: immobilismo, paralisi mentale e morale, perdita di identità, malinconia, tristezza, rimorsi ecc.

Non cambia poi molto, anche loro sono tutti in attesa di qualcosa che sconvolga la loro esistenza: della loro Epifania appunto.

Dunque, siete daccordo? Scrittori, lettori, donne e uomini, siamo o non siamo tutti in attesa della nostra Epifania?

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