Ho letto “Il ballo delle pazze” di Victoria Mas in apnea, ma solo dopo ho scoperto che, se la storia è inventata, il contesto di riferimento è realissimo.

La storia, infatti, si svolge nel manicomio femminile della Salpêtrière, realmente attivo dal 1600 al 1900, dove il dottor Jean Martin Charcot, conosciuto come il precursore di Freud per il suo utilizzo dell’ipnosi, sfruttava le donne ricoverate nella struttura come cavie per i suoi esperimenti di psicoanalisi.

Terribile. E drammaticamente reale.

Il ballo delle pazze e la Salpêtrière

Non sono più mogli, madri o adolescenti, non sono donne da guardareo da prendere in considerazione, non saranno mai donne da desiderareo a cui volere bene: sono malate. Pazze. Fallite.

IL BALLO DELLE PAZZE

Considerate pazze solo perché non si adeguavano al ruolo imposto dalla società di mogli e madri, rinchiuse e pure costrette a rendersi ridicole in un ballo in maschera a cui le persone cosiddette “normali” prenotavano il biglietto per vedere da vicino le “alienate.

“Il ballo delle pazze” è una storia di fantasia, ma racconta la verità: un ospedale, donne rinchiuse senza ragione, un medico (realmente esistito) che le esibiva e su di loro sperimentava, come fossero cavie da laboratorio.

Una storia che parla di umiliazioni e violenze, ma anche di consapevolezza, e che ci pone anche davanti a un inquietante quesito:

meglio vivere tra le persone considerate “normali” in una società dove normale è solo chi rispetta regole imposte oppure tra coloro che sono considerate “pazze”, libere di essere sé stesse?

Il ballo delle pazze: la trama

Parigi, 1885. Nel famoso ospedale psichiatrico della Salpêtrière, diretto dall’illustre dottor Charcot (uno dei maestri di Freud), prende piede uno strano esperimento: un ballo in maschera dove la Parigi-bene può “incontrare” e vedere le pazienti del manicomio al suono dei valzer e delle polka.

Le cosiddette “alienate” non sono più tenute in catene come nel Seicento, ma sono comunque strettamente sorvegliate, tagliate fuori da ogni contatto con l’esterno e sottoposte a esperimenti azzardati e impietosi.

Vengono chiamate “isteriche”, ma la verità è che buona parte si tratta soprattutto di donne scomode, rifiutate, che le loro famiglie abbandonano in ospedale per sbarazzarsene.

La Salpêtrière è un deposito per tutte quelle che disturbano l’ordine costituito, un manicomio per tutte quelle la cui sensibilità non corrisponde alle aspettative, una prigione per donne colpevoli di avere un’opinione

IL BALLO DELLE PAZZE

Ed è qui che incontriamo Louise, adolescente figlia del popolo, finita lì dopo aver subito violenze e soprusi, Therese, soprannominata la magliaia, internata dopo aver ucciso il compagno che amava e la costringeva a prostituirsi, decana delle internate, molto più saggia che pazza, Geneviève, la capoinfermiera rigida e severa, convinta della superiorità della scienza su tutto.

E poi c’è Eugenie, figlia di una ricca famiglia borghese, che conosce bene quel mondo da lontano. Fino a quando la nonna di cui si fida spiffera il suo segreto al padre padrone: Eugenie vede e parla con i defunti.

Non c’è storia per lei: deve essere rinchiusa: che importa se è davvero matta, quel che conta è che il padre di lei non vuole saperne.

“Non si parla con i morti senza che il diavolo centri qualcosa. Non voglio cose del genere in casa mia. Ai miei occhi mia figlia non esiste più”

IL BALLO DELLE PAZZE

Ed è proprio l’arrivo di Eugenie a ribaltare le vite apparentemente ordinate dei protagonisti: Genevieve, ferma sostenitrice della scienza come unico senso della vita e fedele seguace di Charchot, arriverà a mettere tutto in discussione, pure la sua stessa vita, pur di salvare una donna dalle violenze altrui.

Il ballo in maschera delle pazze, dunque, farà cadere le reali maschere: è davvero normale chi è costretto a fingere per restare in società?

“Che hai da ridere?”
“Sa, l’esistenza è affascinante”

IL BALLO DELLE PAZZE
il ballo delle pazze

I manicomi per rinchiudere le donne che davano fastidio

Le donne protagoniste de “Il ballo delle pazze” sono tutte molto diverse, ma hanno in comune una cosa: il loro destino viene deciso dagli uomini. Più in generale dalla società maschilista di fine Ottocento.

Tutte sono donne anticonformiste, che in qualche modo, non per forza decidendolo, si sono sottratte alle regole imposte della società, che le vuole posate, eleganti, donne e madri e niente di più, e che soprattuto non vuole mettano in discussione il sistema in cui si vive.

Tutte finiscono così in manicomio, luogo che era spesso la soluzione al problema di una donna scomoda.

Le mie conclusioni

Sapete quanto tenga al tema attualissimo della violenza di genere (leggete la sezione “AGENDE VAGANTI“).

Grazie al cielo, quello della Salpêtrière è un lontano orribile ricordo, anche se sappiamo tutti che di strada ce ne è ancora moltissima da fare affinché si smetta di giudicare le donne che non seguono certi modelli (forse non giudicarle come pazze, ma di certo giudicarle!).

Ho divorato questo romanzo, che ci sventola in faccia, senza preamboli, gli orrori che sono stati commessi ai danni delle donne, anche dalla medicina e da persone ritenuti stimati professionisti.

Terribile il racconto di quel che accade alla giovanissima Louise vittima di violenze fisiche e psicologiche e persino cavia di esperimenti che la segneranno drammaticamente.

Le vite delle due protagoniste, Genevieve e Eugenie, si intrecciano drammaticamente. Il finale ribalta tutto quello in cui entrambe credevano da principio e ribalta le loro vite, la prospettiva da cui guardano il mondo. Ed è proprio questo a porre la domanda al lettore: chi è davvero normale?

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