“Il vento ci porterà” di Ciro Auriemma (qui per la trama completa) è il romanzo che mi mancava: da tempo non mi capitava che i protagonisti di un libro, le ambientazioni, i profumi, i colori mi scaraventassero così prepotentemente in una storia, da sentimi quasi in difficoltà a raccontarla, perché è come se la sentissi un pochino mia.

Ed è proprio per questo che, appena finito, dopo averlo letteralmente divorato, mi sono sentita più affezionata alla prima parte: la storia d’amore di Anna Marie, la protagonista, aveva qualcosa di simile al mio primo amore, e identificarmi è stato immediato.

All’autore stesso ho detto che la prima parte del romanzo mi era piaciuta di più, ma nel frattempo la storia si sedimentava e ho capito quanto è diventata feroce Anna Marie poi; la sfrontatezza e l’incoscenza che un po’ istintivamente le ho attribuito, si sono delineate ai miei occhi per quello che erano davvero: sopravvivenza, necessità di reclamare il proprio diritto alla libertà, anche fino a quel punto.

Il viaggio di Anne Marie è un viaggio da cui non si torna, la sua storia è dolce e aspra, come il profumo di mirto e di ginepro, e simbolicamente è il viaggio che fa ogni donna per difendere il proprio diritto alla libertà, con la ferocia che a volte si rende disperatamente necessaria.

Trama di “Il vento ci porterà”

Prima di essere donna era figlia, prima di essere figlia era sorella. Libera non era. Né sarebbe stata mai.

La storia di Anna Marie inizia come quella di una Giulietta del Novecento tutta sarda.

Anna Marie e la sua gemella Sophie nascono nella Nuoro degli anni Venti. Nessuna delle due è libera, anzi, ogni loro movimento è controllato a vista dopo che, da bambina, Anna Marie viene aggredita da un cane: “Era il 1924 e di lì a poco avrebbe compiuto 4 anni. Ed era morta”.

Se Anna Marie non è morta davvero, lo deve al fatto che a salvarla ci ha pensato un altro bimbo poco più grande di lei: Elia. Da quel momento le loro vite si intrecciano, fino al loro nuovo incontro, nel 1933, quando la scintilla tra i due è inevitabile.

Ma appartenere a due famiglie che provano antichi rancori una per l’altra, i Corbu e i Cualbu, quando si è due giovani innamorati, non può portare a niente di buono. Non solo, a complicare tutto c’è la politica e la guerra che incombe: se Elia è il figlio del Podestà di Nuoro, Anne Marie infatti appartiene alla famiglia di un imprenditore antifascista.

E poi, c’è la questione culturale: in una Sardegna degli anni ‘30 è il capofamiglia che decide la sorte dei propri figli, soprattutto delle figlie.

Ma si può certo stare lontani dall’amore, fino a quando l’amore resta lontano. Se invece due fiamme si incontrano, l’incendio è destinato a scoppiare.

E se fin a qui “Il vento ci porterà” ci accompagna in una storia d’amore travolgente, dolce e passionale… è a questo punto che tutto cambia, quando l’amore si intreccia alla rabbia del fratello di Anne Marie Giuseppe, alla gelosia della sorella Sophie, agli ideali, alla guerra che incombe e distorce i fatti, mentre Anna Marie vuole vivere e proteggere la vita. E alla fine dovrà fare le proprie scelte, inaspettatamente, contando solo sulle proprie forze.

Un lungo viaggio

“Farai un lungo viaggio bambina, un viaggio da cui non c’è ritorno”

Quando una chiromante le predice un lungo viaggio senza ritorno, Anna Marie (e con lei il lettore) non pensa a tanto.

Perché se la prima parte del romanzo “Il vento ci porterà” fa pensare a una storia d’amore travagliata e ostacolata dalla rivalità delle famiglie, nella seconda parte scoppia la guerra, ed è la sua crudezza a prendere il sopravvento.

Anna Marie compie un vero viaggio, scappando dalla sua Sardegna, prima approndando in Francia, dove cerca la pace e in parte la trova, come ritrova una nuova inconsueta famiglia. Ma il viaggio deve proseguire e lei che “non ha la linea del destino e quella della vita è spezzata” deve vivere ancora altre vite prima di potersi fermare…

Ed è così che dalla Francia parte per la Spagna, per gettarsi a capofitto nella Guerra Civile, per difendere quell’ideale di libertà che significa tutto, specie per una donna negli anni Quaranta, e perché “tanto valeva, se doveva essere, che andasse così, con il cuore con la pare giusta“.

Fino al finale, quando il cerchio si chiude perfettamente, e lei, nel pieno delirio del fuoco della guerra, incendiata dalla rabbia e dall’amore e dall’idea di un mondo “con il cuore dalla parte giusta”, ritroverà in qualche modo la sua pace, solo dopo aver lottato senza sosta per se stessa.

Un romanzo destinato a restare

Anna Marie, figlia di due terre che si erano incontrate e amate, eburnea come il nord e morbida come il sud, gli occhi unici dei suoi ginepri e delle sue rive, aveva una bellezza provata dal viaggio, dalla morte e dal ritorno, un’area rarefatta e irraggiungibile, figlia del dolore.

Ha ragione chi dice che questo romanzo è destinato a restare.  

Intanto per il ruolo che ha la Sardegna, protagonista così di una storia non l’avevo mai trovata. Poi, per la scrittura: poetica e ruvida quando serve, la penna di Ciro Auriemma scrive un romanzo che è anche una lunga poesia, un’ode alla sua terra e ai suoi abitanti. Poi per il personaggio di Anne Marie e tutto quello che questa donna rappresenta, con le sue battaglie, la sua forza inaspettata, il suo coraggio e la sua caparbietà.

Che forse la battaglia di Anna Marie per ottenere il diritto alla libertà permette a noi oggi di essere un pochino più libere, dandoci la forza per continuare ad essere feroci come lei, quando la vita lo richiede.

Mi sono salvata e mi sono pianta, mi sono sepolta per tornare alla vita.


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