Adoro l’abilità di Aimee Bender di raccontare storie di vita quotidiana, rendendole magiche ma lasciandole al tempo stesso comuni: “La notte delle farfalle” (proprio come “L’inconfondibile tristezza della torta al limone” e “Un segno invisibile e mio”) riesce alla perfezione a tratteggiare l’amara sensazione che può dare la vita familiare, l’inquietudine di capire la propria storia e la propria famiglia, e lo fa con la caratteristica di inserire elementi fantastici nella percezione del mondo reale.

E’ per questo che, per quanto questo romanzo mi sia piaciuto meno degli altri, la Bender resta la mia autrice del cuore: dopo di questo, uscito dieci anni dopo “Linconfondibile tristezza della torta al limone”, aspetterò ancora tutto il tempo necessario e mi fionderò in libreria non appena uscirà ogni suo romanzo.

Come mi rimescola l’anima lei, nessuno lo fa!

La tenda dei ricordi

“Mi piaceva l’idea di fornire ai ricordi un luogo in cui emergere, quasi avessero un’intrinseca natura gassosa, con la tenda che avrebbe impedito loro di volare via”

La notte delle farfalle

Come dicevo, “La notte delle farfalle” è una storia di per sé molto semplice, in cui accade poco.

Francie, una ragazza di circa 20 anni, vive una vita ordinaria, ha un lavoro in un negozio di cornici, ha appena preso una casa in affitto e cerca il suo posto nel mondo degli adulti, ma con una grossa difficoltà: tutto in lei sembra ancora sospeso nel ricordo di quello che accadde quando aveva solo 8 anni.

Sua madre Elaine, inaffi, instabile da sempre, aveva avuto un violento episodio psicotico in seguito al quale si era distrutta la mano con un martello. Elaine allora era stata portata in una clinica psichiatrica, e Francie aveva dovuto intraprendere un lungo viaggio in treno (rifiutandosi di prendere l’aereo) per andare a vivere a Los Angeles dagli zii, che stavano per avere una bambina.

Dopo oltre 10 anni, quella bimba, Vicky, è diventata come una sorella e gli zii come dei genitori. Ed è grazie al confronto con lei che Francie, in una casa in affitto ancora vuota, decide di costruire sul balcone una tenda del ricordi, in cui si rifugia per ricostruire tutti i pezzetti del viaggio che l’ha condotta dalla vita con la madre alla vita con gli zii, come passando da una dimensione ad un’altra.

Continuando a vivere la sua vita quotidiana nel presente, Francie allora compie un viaggio doloroso e luminoso alla ricerca del diritto di vivere e di avere una casa in questo mondo.

Chi non vorrebbe una tenda dei ricordi?!?!

La notte delle farfalle

“Sentivo di essere un gioiello rotto in una scatola di gioielli”

Il ruolo della tenda diventa fondamentale davanti all’idea che suggerisce Vicky a Francie, quella di fare diventare i ricordi appiccicosi, per non farli più volare via. Come fossero oggetti, gli stessi che popolano il mondo della protagonista, che portano con loro le esperienze e i dolori di chi li ha posseduti.

Non è una scelta casuale il fatto che a un certo punto Francie decida di lasciare il lavoro per dedicarsi completamente alla sua passione: recuperare oggetti usati dai mercatini e ridare loro nuova vita prima di rivenderli sul web.

Tutto nella storia di Francie è popolato di oggetti, oggetti che a un certo punto escono dalla dimensione di cose per entrare nella realtà.

Una farfalla disegnata sul paralume della baby sitter, che cade morta in un bicchiere d’acqua sul comodino e che lei decide di ingoiare, uno scarafaggio che esce da una pagina persa da un bambino e che lei conserverà (anch’esso morto) nella tasca dello zainetto viola che la accompagnerà nel viaggio verso Los Angeles, e poi le rose su una tenda, una delle quali cadrà rinsecchita sul pavimento, che lei butterà e verranno invece salvate dalla spazzatura da Vicky.

Mentre tutta la sua vita sembra perdere consistenza, è proprio agli oggetti che Francie si aggrappa, per non volare via:

“… e quelle parole mi colpirono di fianco e pensai che sarei potuta cadere del tutto fuori dalla terra […] A quel punto avrei potuto spaccare tutto […] se non avessi colto con lo sguardo, proprio in quell’attimo, al centro del prato un pezzo di qualcosa […] Ancorai gli occhi a quell’oggetto“.

Una terza dimensione

La notte delle farfalle

Nonostante la follia che la circonda, dunque, Francie resterà ancorata alla realtà, ma solo permettendo alla fantarealtà di sopravvivere.

Mentre il mondo intorno a lei sembrerà quasi perdere di consistenza, i ricordi si faranno sempre più luminosi, e gli insetti e i fiori sembreranno aprire lo sguardo verso una terza dimensione. Quella in cui Francie ha il diritto di vivere, di restare, di amare una madre folle, di scegliere cosa essere e come.

Con “La notte delle farfalle” Aimee Bender si conferma una scrittrice unica e magica.

Il suo modo di esplorare i legami familiari, in particolare quelli con i genitori, è sorprendente. Come sorprendente la capacità di rendere gli oggetti più banali e quotidiani finestre verso un’altra dimensione e amuleti di salvezza.

Del resto, chi non ricorda certi oggetti della propria infanzia proprio in questo modo?!

Leggete “La notte delle farfalle” e, se non l’avete ancora fatto, recuperate i romanzi di questa autrice, non ve ne pentirete!

“Non te ne sparirai con qualche alieno in un’altra dimensione, no, Francie?”

“No”, faccio io, “vivo qui adesso”. 

Lei scuote la testa, ridendo di nuovo. “Lo dici come se avessi vissuto da un’altra parte, su un piano diverso”, e io le sorrido in risposta. Cosa posso dire a Vicky? Lei ha vissuto tutta la vita qui.

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