“Acqua rossa” di Jurica Pavicic mi ha colpito all’istante, non appena ne è stata annunciata la pubblicazione. Oramai ho conosciuto la casa editrice Keller e ahimè, a stento riesco a resistere a tutte le belle copertine che propone.
In whist-list ne ho decine, ma a questo, uscito la prima settimana di agosto, ho ceduto immediatamente. E ho fatto bene, perché ho scoperto un nuovo meraviglioso romanzo, una penna raffinata e decisa, una storia che lascia il segno.
Fino ad ora, di tutti i romanzi Keller letti non uno mi ha deluso. Se non conoscete questa casa editrice, ve la consiglio davvero!
“Acqua rossa”
“Acqua rossa” è un giallo, un poliziesco, ma anche una storia familiare e in parte un romanzo storico che attraversa 30 anni, dal 1989 ad oggi.
Le vicende dei protagonisti si intrecciano con i fatti storici, con i cambiamenti degli scenari politici e culturali, con la guerra che arriva inesorabile, come una punizione per tutto quello che succede da quel 23 settembre 1989, quando la 17enne Silva Vela esce dalla casa in cui vive con i genitori e il fratello gemello Mate, in un piccolo paese della Dalmazia, non lontano da Spalato, senza più fare ritorno.
Quella che sembra una bravata da adolescente, si trasforma in un incubo per la sua famiglia, ma anche per il paese che non sarà mai più lo stesso, fino a quando tutto cambia inesorabilmente e per sempre.
“Ci ho messo molto a capirlo, ma ora mi è chiaro. Tutti siamo stati puniti. Ora capisco che tutto quello che è venuto dopo è stata una punizione. Il fallimento della fabbrica, della cooperativa, l’odio che si è insinuato nella gente, la guerra, la morte dei giovani, l’arrivo di tutti quei parassiti che hanno iniziato a comprare terra e a costruire dove e come capitava”
Trama “Acqua rossa”
Quando Silva scompare, durante la festa dei pescatori del suo villaggio sulla costa dalmata, l’indagine viene affidata all’ispettore Gorky Sain, figlio di Albino Sain, eroe partigiano a cui è dedicato un busto di bronzo a Spalato.
Un dettaglio che sembra secondario, trascurabile, ma che in realtà ha la sua importanza, perché se all’inizio questa parentela sembra aprire tutte le porte a Gorky, in seguito, dopo la guerra, il fatto di essere figlio di un comunista della prima ora non può che essere un fatto assai increscioso che le porte le sbatte in faccia. E questo, ha senza dubbio influenza sulle ricerche.
Immediatamente le indagini di Gorki rivelano un ritratto più complesso e sconosciuto della ragazza: studentessa delle superiori a Spalato, sembra infatti implicata negli ambienti della droga, quando viene trovato un grosso pacco di eroina nel comignolo della casa familiare.
Quando un testimone uscito dal nulla afferma di averla vista comprare il biglietto di un pullman diretto all’estero, la convinzione è che Silva sia fuggita volontariamente e le indagini vengono sospese, tanto più che, oramai 18enne, Silva ha il diritto di andare dove vuole e di comunicare o meno dove si trovi.
Cosa succede quando scompari?
Quel che accade, allora, è che chi resta cerca di sopravvivere a una scomparsa. Perché se qualcuno muore, sotto alla foto puoi accendere un lumino e puoi ricordarne il giorno dell’addio. Ma se scompare, resti, cercando risposte che non avrai a domande infinite.
Allora c’è il padre Jacov che, dopo aver affisso volantini lungo tutta la Jugoslavia per chiedere a chiunque riconosca il volto di Silva di mettersi in contatto con la famiglia, smette di cercare, convinto che Silva sia andata via di sua sponte e che sia solo “un mostro egoista”.
C’è la madre Vesna che, convinta che la figlia sia morta, sviluppa odio e rabbia nei confronti di tutti, specie del marito, che non fa nulla per scoprire cosa sia successo davvero.
E c’è il fratello Mate, che non smette mai di cercarla, apre anche una pagina Facebook e viaggia ovunque qualcuno gli dica di aver visto una ragazza molto simile a Silva, fino al punto di mettere in crisi il suo matrimonio e la sua vita.
E poi ci sono Gorki, Brain, il fidanzato di Silva, Adjan, il ragazzo con cui lo tradiva, i loro genitori, gli abitanti del villaggio, i testimoni e quelli convinti di esserlo stati.
Infine, c’è la storia, che nel frattempo segue il suo corso, mettendoci forse lo zampino, o forse rivelandosi la punizione più degna.
I capitoli, alternati tra i tanti punti di vista, lasciano il lettore con il fiato sospeso, sempre convinto che stia per succedere qualcosa che svolti la storia.
E alla fine qualcosa succede, un effetto domino che porta ancora a credere che le cose siano andate in un certo modo. Fino a quando Gorki capisce… perché Gorki ha sempre saputo. Che tutto sta in quel colore rosso che torna (coincidenza? io non credo!)
La mia opinione su “Acque rossa”
Ho divorato “Acqua rossa“, una scrittura curata, impeccabile, precisa, che si assapora, che non corre verso la ricerca della suspance, ma che alla fine la genera lo stesso. Per me, promossissimo, uno dei gialli più belli dell’ultimo periodo, approvato e consigliato!
Una riflessione in chiusura
Chiudo con una riflessione: in Italia conosciamo davvero poco, probabilmente per un retaggio socio-culturale, la letteratura e gli autori di quella zona che è nota come Mittleeuropa. Un plauso è doveroso alla casa editrice Keller per l’opera di divulgazione necessaria e importante.
Io l’ho conosciuta quest’anno, per caso, grazie a un video di Ima andthebooks , preziosa videoblogger, che realizza interessanti e curate recensioni su YouTube, dando spazio anche a case editrici indipendenti o poco conosciute (seguitela, non ve ne pentirete!) e me ne sono innamorata.
Della Keller vi consiglio di leggere “Perché il bambino cuoce nella polenta” o “Quel che si vede da qui“: vi conquisteranno e anche voi, come me, non potrete più fare a meno di questa casa editrice.